Locarnese – La «prova pandemia» brillantemente superata dal servizio di aiuto domiciliare – I vertici: «Un grande grazie ai nostri dipendenti, che hanno affrontato la crisi con responsabilità»
L’hanno fatto silenziosamente e con umiltà, affrontando – a volte – momenti di ansia e comprensibili incertezze. Di certo oggi i dipendenti dell’Associazione locarnese e valmaggese di assistenza e cura a domicilio (ALVAD) possono affermare di aver brillantemente superato una vera prova del fuoco. «Che fossimo solidi e presenti – afferma il presidente dell’ente, Stefano Gilardi – già lo sapevamo. Ma grazie alla pandemia ne abbiamo avuto la definitiva conferma. E per questo dobbiamo dire un grande grazie sia al personale curante sia ai quadri dell’associazione, che hanno saputo gestire la crisi in modo esemplare». L’occasione per ripercorrere l’emergenza degli ultimi mesi è stata l’assemblea di ieri sera, convocata soprattutto per discutere e approvare il Consuntivo 2019 (del quale abbiamo riferito nell’edizione di venerdì scorso).
Nuovo volto in comitato
All’ordine del giorno della riunione dei delegati anche una designazione in comitato. Al posto dello scomparso Tarcisio Terribilini, in rappresentanza di Pedemonte, Centovalli, Vallemaggia e Onsernone, è stato proposto e nomiato il dottor Marco Peter. Ma, come detto, durante l’apputnamento non si poteva esimersi dall’affrontare anche la tematica coronavirus. «Che, anche se con poca eco mediatica – hanno affermato Gilardi, il direttore amministrativo Gabriele Balestra e la direttrice sanitaria Marina Santini a margine dell’incontro – per noi è stata una prova difficile da affrontare e che ci ha molto sollecitati a vari livelli». Al di là delle accresciute misure di sicurezza, ad esempio, con la riconversione in centro dedicato COVID-19 dell’ospedale La Carità di Locarno, l’ente si è trovato a dover prendere a carico al domicilio diversi utenti dimessi contemporaneamente dall’istituto e con bisogni particolari. «Come pazienti oncologici, anche giovani, fortemente a rischio dal punto di vista della pandemia». Ed è stata forse psicologica la difficoltà maggiore da superare. Il timore, cioè, di diventare veicoli del contagio, passando da un’abitazione all’altra e prendendosi cura di malati e anziani. «Ma è proprio a tale livello – ha aggiunto il presidente – che sono venute a galla l’efficienza e la qualità del servizio, oltre alla grande responsabilità del personale». A dirlo sono, prima di tutto, le cifre. Nonostante l’accresciuta attività «al fronte» (fra l’altro potenzialmente causa di forte stress), infatti, solamente tre dipendenti su 150 sono risultati positivi al virus e altri due casi sospetti hanno dovuto rispettare un periodo di quarantena. Percentuali molto basse, considerato il settore, come a dire che le precauzioni adottate con rigore hanno funzionato.
Un timore scongiurato
Ancora migliore la situazione dal punto di vista degli utenti. «A inizio marzo – ha chiarito Balestra – avevamo a carico 1.100 pazienti, fra i quali uno solo si è ammalato». Scongiurato, insomma, il timore di diventare vettori del contagio. «Anzi – hanno ancora chiarito i vertici dell’ALVAD – oltre ad esserci occupati, strada facendo, di diversi anziani che erano stati contagiati, durante il ‘lockdown’ il nostro personale è spesso diventato (assieme a parenti o a volontari che provvedevano alla spesa a domicilio) l’unico contatto con il mondo esterno per parecchi utenti, svolgendo un compito fondamentale per evitare una condizione di completo isolamento».
C’è il rischio depressione
Ma l’emergenza, per certi versi, non è ancora finita. Al di là del rischio di nuove ondate di contagio. «Come cittadino e, soprattutto, come medico – ha infatti affermato Gilardi – ho constatato che vi sono oggi parecchi pazienti guariti dal virus che hanno però perso la propria vitalità e che stanno faticando molto a riprendersi. Senza contare coloro che hanno perso un parente stretto o un coniuge e, magari, si sono pure ammalati. La loro vita è improvvisamente stata messa sottosopra e non è sempre facile riuscire a passare oltre. Anche in quest’ambito, dunque, l’attività della nostra associazione continuerà ad essere fondamentale per gli utenti. Sarà poi importante anche creare sinergie sul territorio per affrontare al meglio gli effetti post COVID-19».
Il futuro? Le reti integrate
Reti integrate. Per i vertici dell’ALVAD è questo l’obiettivo al quale è necessario puntare in futuro. «Da una parte – hanno spiegato ieri – per diventare sempre più performanti e capillari nel servizio agli utenti e alle loro famiglie, dall’altra per armonizzare gli aspetti economici, con una maggiore coerenza fra gli enti finanziatori (i Comuni in particolare, ndr.) e gli erogatori di prestazioni». Fra questi, i servizi di aiuto domiciliare (pubblici e privati), ma anche le case per anziani, le infermiere private o i centri d’appoggio. «La nostra associazione sta lavorando molto in tale direzione e siamo aperti a collaborare con tutti gli interessati. Perseguendo, del resto, un obiettivo che è già realtà in diversi altri cantoni».