Dico il mio lago, lo posso dire perché sono nato proprio in riva al lago.
Sono nato a Caslano e questo è tutto dire.
Già da ragazzini, quando eravamo liberi da altri impegni, noi eravamo nel lago.
Quasi tutti eravamo capaci di nuotare, perché i nostri padri, tutti i sabati, nel pomeriggio,
quando erano liberi da lavori, appena terminata la giornata, ci portava a fare il bagno.
Non avendo il bagno in casa, il lago era il nostro bagno, ci buttava letteralmente
nell’ acqua, in modo che dovevamo riuscire a ritornare a riva sotto il suo controllo attento
e nello stesso tempo imparavamo a nuotare.
Devo dire che il sistema funzionava perfettamente, sapevamo appena a camminare,
ma nello stesso tempo sapevamo anche a nuotare.
Eravamo come pesci, tutte le acrobazie che si potevano fare nell’acqua, noi le sapevamo
fare, sopra e sotto, l’acqua era perfettamente pulita e si poteva berla, che mai nessuno
si è mai ammalato e si sa che da piccoli quando si gioca nel lago, se ne beve abbastanza.
Poi la pesca, tutti sapevano come pescare, anche con i nostri attrezzi fatti in casa,
semplici ma efficaci. Le canne le preparavamo noi, la lenza e gli ami si compravano nel
negozietto che esisteva proprio in riva al lago ed era gestito dalla Dela e dalla Isabella.
Il lago a quei tempi era pieno di pesci di tutte le qualità, non voglio descrivere le diverse
specie, ma a quei tempi le conoscevamo tutte, senza mai sbagliare.
Una interessante però la devo raccontare. Le alborelle, quando erano in “frega”. si
diceva così nel gergo dialettale. Era molto semplice catturale, si perché non era pescare,
ma catturare. La riva del lago era un brulichio argenteo di pesciolini e noi si procedeva
in questo modo. Si mettevano i secchi sulla riva, poi si entrava nell’acqua e i pesci
scappavano, ma solo per pochi istanti, noi immobili, aspettavamo che tornassero a
continuare la loro danza amorosa, erano talmente tanti che noi a piene mani li
buttavamo nei secchi predisposti sulla riva e ne portavamo a casa a chili, senza fare
danno a quelle che rimanevano.
Questo benedetto lago. Che alla mattina presto, al sorgere del sole, quando era liscio
come l ‘olio, il sole lo indorava con i suoi raggi, che sembrava che lo copriva di miele,
la sua superficie, non poteva rispecchiare il cielo in quel momento, anche se sereno,
tutto era oro, splendido. Io buttavo un sasso, il più lontano possibile per poi vedere i
cerchi che si formavano, li seguivo con occhio attento per vedere fin dove potevano
andare a finire e quelli che arrivavano verso di me, li vedevo che si arenavano sulla
riva e si esaurivano con un saltello strano vicino ai miei piedi.
Il lago, nostro compagno di giochi e di illusioni, potrei continuare a descriverlo per delle
ore ma arriverei anche ad annoiarvi e così per oggi smetto e lascio alla Vostra fantasia la
continuazione.
Non potrei vivere senza il mio lago, anche considerando come è ridotto, semplicemente vergognoso. Nessuno fa niente per salvarlo.
Povero lago di Caslano.
Povero Ticino.
Aurelio Delmenico